19 Settembre 2011
YOGURT SENZA LATTE? NO GRAZIE! Prandini: sarebbe un grave danno per i produttori e un inganno per i consumatori

Brescia 19 settembre 2011 - Al momento è stato sventato il blitz che voleva far arrivare sulle tavole degli italiani lo yogurt senza latte e senza alcuna informazione in etichetta: il riferimento è ad una recente audizione della Commissione Agricoltura della Camera sul tentativo di modificare le norme per consentire l’utilizzazione della polvere, in sostituzione del latte vero, per la produzione di un alimento naturale come lo yogurt, sul quale comunque la Commissione dovrà a breve esprimersi definitivamente. 
L’allarme lanciato da Coldiretti – interviene il Presidente Ettore Prandini - è stato positivamente raccolto e il blitz a danno dei consumatori e dei produttori per ora pare sventato. La modifica della norma verrebbe giustificata con la necessità di ridurre i costi di trasporto, poiché la polvere occupa meno spazio del latte fresco, senza considerare tuttavia il forte impatto che ha sulle caratteristiche qualitative del prodotto in vendita. Per Coldiretti un danno per i consumatori e per i produttori perché si consentirebbe di utilizzare polvere di latte a basso prezzo importata da paesi a extracomunitari invece del buon latte fresco delle nostre campagne. È superfluo rimarcare – sottolinea il Presidente – come il danno sarebbe ingente per i produttori di Brescia  e della Lombardia, prima provincia e prima regione per produzione di latte. Peraltro i consumatori non avrebbero alcuna possibilità di distinguere in etichetta il prodotto industriale ottenuto dalla polvere di latte da quello tradizionale.
Il tentativo di colpo di mano è purtroppo solo l’ultimo capitolo di un processo che ha già portato a profondi cambiamenti sulle tavole degli italiani all’insaputa dei consumatori. Una tendenza che purtroppo si va affermando sotto la spinta di Paesi che non possono contare su una agricoltura forte come quella italiana e che per Coldiretti – conclude Ettore Prandini - occorre contrastare perché inganna i consumatori, danneggia i produttori, mette a rischio la qualità dell’alimentazione e la salute stessa dei cittadini.

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