5 Aprile 2022
Ucraina: Ue lascia Italia senza carne

Valter Giacomelli: serve senso di responsabilità per tutelare la carne e gli allevamenti, un settore centrale del made in Italy.

In Lombardia vengono allevati oltre la metà dei maiali italiani, il 28% dei bovini e il 15% tra polli, galline e tacchini italiani. È quanto emerge da un’analisi di Coldiretti Lombardia in riferimento all’adozione della proposta di direttiva della Commissione europea, che allarga il campo di applicazione della norme sulle emissioni industriali ad allevamenti molto più piccoli di quelli già previsti per l'allevamento suino e avicolo e inserisce anche l'allevamento bovino.

"La proposta della Commissione europea – denuncia il presidente nazionale di Coldiretti Ettore Prandini – spinge alla chiusura in Italia migliaia di allevamenti che si trovano già in una situazione drammatica per l’insostenibile aumento di costi di mangimi ed energia provocati dalla guerra in Ucraina". La nuova proposta di direttiva estende una serie di pesanti oneri burocratici a quasi tutti gli allevamenti dei settori suinicolo, avicolo e bovino che vengono considerati alla stregua di stabilimenti industriali. Dovranno infatti sottostare a rigide norme in materia di controlli e autorizzazione, con livelli di burocrazia e costi insostenibili soprattutto per alcune realtà marginali situate nelle aree interne.

A rischio allevamenti e carne italiana

Serve senso di responsabilità da parte delle istituzioni nazionali ed europee – precisa il presidente di Coldiretti Brescia​ Valter Giacomelli - affinché nei prossimi passaggi dell’iter legislativo in Parlamento e in Consiglio Ue, possa essere profondamente rivista la proposta della Commissione, con l’impegno dei ministri coinvolti e degli eurodeputati italiani. L’Italia rischia infatti di rimanere senza carne, in una situazione in cui gli allevatori italiani devono affrontare incrementi di costi pari al 57%, secondo il Crea, con il rischio concreto di chiusura per una buona parte di aziende che si trovano costrette a lavorare con prezzi alla stalla al di sotto dei costi di produzione.

La decisione colpisce direttamente gli allevatori e i consumatori, in un'Italia già dipendente dall’estero per il 16% del latte consumato, il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale (secondo l’analisi del Centro Studi Divulga). Il rischio è quello di colpire la produzione nazionale ed europea per favorire le importazioni da paesi extracomunitari, spesso realizzate senza il rispetto degli stessi criteri, sanitari, ambientali e sociali richiesti all’interno dell’Unione Europea. "La necessità di puntare sulla sicurezza alimentare e sull’autosufficienza, è sempre più evidente, ma a Bruxelles si rischiano di fare scelte che aprono la strada alla carne sintetica - conclude il presidente Valter Giacomelli -. La carne italiana nasce da un sistema di allevamento che per sicurezza, sostenibilità e qualità non ha eguali al mondo. Consolidato anche grazie a iniziative di valorizzazione messe in campo dagli allevatori, con l’adozione di forme di alimentazione controllata, disciplinari di allevamento restrittivi, sistemi di rintracciabilità elettronica e forme di vendita diretta della carne".

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