Serve un cambio di passo per evitare di abbattere senza motivo migliaia di maiali sani
Occorre un intervento immediato per fermare la diffusione della peste suina e tutelare un settore che è uno dei fiori all’occhiello del Made in Italy a tavola, con un valore tra produzione e indotto di circa 20 miliardi di euro e centomila posti di lavoro. E’ l’appello lanciato dalla Coldiretti che chiede un cambio di passo sulla gestione di una presenza di cinghiali ormai fuori controllo che sta facilitando la diffusione della malattie e minaccia gli allevamenti, dopo l’ultimo caso registrato nella Food valley parmense. Proprio la fauna selvatica è praticamente l'unico vettore di diffusione della peste suina.
Eppure, secondo le attuali regole, basta un cinghiale malato rinvenuto a chilometri di distanza da una stalla per far scattare la decisione di abbattere migliaia di maiali perfettamente sani. Bene ha fatto il ministro Lollobrigida – rileva Coldiretti - a chiedere dunque alla Commissione europea un approccio diverso, che tuteli le imprese e i consumatori. L’unica soluzione per fermare la diffusione della peste suina è, infatti, mettere in campo tutte le azioni possibili per contenere l'invasione di fauna selvatica che ruba reddito e futuro alle imprese agricole.
Stiamo parlando di un “esercito” di 2,3 milioni di cinghiali che scorrazzano oggi indisturbati tra le campagne italiane, diffondendo la malattia ma anche devastando le coltivazioni agricole. Il rischio immediato è che il propagarsi della peste suina faccia scattare le restrizioni all’export, con un danno potenziale da 2,32 miliardi di euro, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat relativi al commercio estero nel 2023.
Ma a rischio c’è una filiera come quella suinicola italiana che è una delle più performanti dell’intero sistema agroalimentare nazionale – conclude Coldiretti - con 5.000 allevatori professionali e altri 30.000 piccoli allevatori in tutto si allevano 10 milioni di suini che rappresentano il prodotto di base per la filiera dei grandi prosciutti Dop italiani (Parma San Daniele ma non solo) anche degli altri 20 tipicità Dop dei salumi.
“E anche in provincia di Brescia l’attenzione è alta – conclude la presidente di Coldiretti Brescia Laura Facchetti – si tratta infatti di un settore che conta oltre 1.300.000 animali da macello e 74.000 scrofe da riproduzione e rappresenta la prima provincia a livello nazionale con il 14% di capi allevati a livello nazionale”.